Legami storici e culturali all’insegna di ingegno, capacità, tecnica e tenacia.
Uno dice Mille Miglia e subito pensi a una corsa senza pari, ricca di scorci senza eguali, passaggi in centri storici mozzafiato, gonfia di emozione e di storia. E poi, certo, dire Mille Miglia significa dire Brescia, con il suo portato enorme di lavoro, tecnica. Terra immersa nell’humus dell’impegno costante che sfuma sovente nella caparbietà. Terra di ingegno e meccanica. Di silenzi e passione per i motori. Brescia della velocità nella sua storia e, vogliamo continuare a crederlo, nel suo futuro.
Già, la storia con i suoi depositi culturali, indispensabili per fare da solida base all’innovazione e alla creatività. No, non è casuale che il Museo della Mille Miglia sia adagiato tra le mura del monastero di Santa Eufemia della Fonte – inizialmente dedicato a San Paterio, ventitreesimo vescovo di Brescia – la cui costruzione risale all’anno 1008, affidato ai monaci benedettini dal fondatore, il vescovo di Brescia Landolfo.
Cultura e lavoro. Anche allora procedevano all’unisono: insieme alle preghiere e all’attività amanuense, preziosissima per tramandare ai posteri sentimenti e conoscenza, i monaci utilizzavano l’energia del vicino naviglio per far funzionare mulini e per alimentare l’agricoltura.
Al monastero, alla sua storia, dovremmo metaforicamente guardare per riflettere sull’essenza e sul significato attuali del lavoro, dell’impegno, della cultura, dell’arte, dell’innovazione e seguire il fil rouge che indissolubilmente li lega. Per comprendere meglio l’anima meccanica, industriosa e al tempo stesso artistica e gentile di Brescia, per l’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità per il complesso monastico di San Salvatore – Santa Giulia e dall’area archeologica del Capitolium. Capiremmo meglio che la celebrazione della Ferrari, delle auto sportive che appassionavano e ancor più oggi appassionano moltissime persone a ogni latitudine, dei piloti che le conducevano e le pilotano su strade nazionali, su piste e circuiti di tutto il mondo, non sono un circo – pur affascinante – del lusso o del superfluo. Rappresentano una vetrina, elegante e seduttiva, il che non guasta, di ingegno, capacità, tecnica e tenacia.
Rappresentano il volto concreto e vincente del Made in Italy e lo spirito imprenditivo, industrioso e innovativo, ancorché in più di un caso gelosamente nascosto, del nostro Made in Brescia. Guardando al mondo dei motori dalla prospettiva bresciana, indossando gli occhiali con le lenti all’insegna della storia, appare normale, scontato, che la “Freccia Rossa”, la corsa più affascinate e blasonata al mondo sia nata anche per il contributo appassionato dei bresciani Aymo Maggi e Franco Mazzotti e di Renzo Castagneto, bresciano non per nascita, ma brescianissimo per adozione. Eleganza, progresso, dinamismo e molto altro, possiamo leggere osservando gli sportivi gioielli a quattro ruote, storici o moderni che siano. E un pezzo della nostra storia da proiettare nel futuro. Altro che superflui giocattoli.