Le fake news presentano informazioni inventate che creano disinformazione nei più diversi ambiti – politico, sociale, scientifico, ma anche culturale e dello spettacolo – e si propagano in modo estremamente veloce attraverso internet. Mentre i motori di ricerca si sono adoperati per contrastarne la diffusione, i social network restano ancora oggi i canali principali per diffondere “bufale” e renderle virali. In breve tempo, un’informazione falsa può raggiungere un bacino ampissimo di utenti e, nella maggior parte dei casi, attraverso particolari accorgimenti stilistici, diventa difficile riuscire a riconoscere una fake news e distinguerla da contenuti autorevoli e veritieri.
Indice
Cosa sono le fake news?
Con il termine fake news, notizie false o “bufale” ci riferiamo a informazioni in parte o del tutto non corrispondenti al vero, divulgate il più delle volte in maniera intenzionale soprattutto attraverso il web e la condivisione su social network. In alcuni casi circoscritti questi contenuti ingannevoli sono riportati anche dai media tradizionali.La diffusione di fake news non è un fenomeno nuovo. Già in passato si è cercato di influenzare le persone e le opinioni per mezzo di informazioni ingannevoli. La digitalizzazione e i social media hanno soltanto intensificato questa tendenza.
Chi ha prodotto la “bufala” sa che il suo contenuto è falso, perché basato su fatti errati, avvenimenti non accaduti, o affermazioni mai dichiarate. Le notizie false imitano sia nell’impostazione sia nel tono i contenuti dei media accreditati, ma mancano, alla base della loro stesura, di quei processi editoriali che garantiscono la credibilità delle informazioni diffuse, prima fra tutte la verifica dell’attendibilità delle fonti.
Come riconoscere una fake news
Le notizie fake molto spesso fanno leva sui sentimenti e hanno un forte carattere di novità, perché legate ad avvenimenti recenti o a personaggi pubblici. Sono costruite in modo da attrarre l’attenzione dell’utente/lettore, puntando su sensazionalismo e provocazione, allontanandosi quindi da un linguaggio neutro e un punto di vista oggettivo. L’autore di fake news cerca di strutturare il contenuto proponendolo come utile e rilevante. Ciò cattura l’interesse dei destinatari, spingendoli alla condivisione della “notizia”.
Spesso recano errori di battitura e grammaticali, con titoli “esca”, scritti in maiuscolo e/o con un uso eccessivo di punti esclamativi. Normalmente sono accompagnate da fotografie e immagini scelte per “colpire”, per far soffermare l’utente sul contenuto proposto e, talvolta, possono riferirsi a situazioni e contesti diversi da quelli oggetto della fake news.
Esistono anche piattaforme web che si occupano di smascherare le notizie false. In Italia, le più conosciute sono:
Accertare l’autorevolezza delle fonti
Le fake news sono prive di prove concrete o di riferimenti scientifici. Spesso nelle notizie false non vengono citate le fonti o vengono menzionate fonti false o incomplete. In molti casi, vengono riportati nomi di esperti inventati e istituti di appartenenza inesistenti. Talvolta si estrapolano contenuti da fonti autorevoli, ma questi vengono decontestualizzati e variati per diffondere disinformazione, manipolare l’opinione pubblica o, semplicemente, per ottenere visualizzazioni, like e condivisioni.
Agli accorgimenti proposti nel precedente paragrafo, per distinguere le fake news dalle notizie reali, si consiglia dunque la puntuale verifica della fonte e l’approfondimento dell’informazione su diversi canali accreditati.
È sempre opportuno controllare quale attendibilità ha il canale che sta diffondendo una determinata news e fare un confronto incrociato con fonti autorevoli quali: agenzie di stampa, fonti istituzionali e uffici stampa delle realtà/persone chiamate in causa.
Nel caso in cui l’informazione riguardi un personaggio pubblico, è possibile provare a verificare eventuali conferme o smentite sulle sue pagine/profili personali, o attendere un suo riscontro in merito.
Il sofismo: l’arte della manipolazione delle opinioni
Si sostiene che esistano alcuni parallelismi tra il fenomeno delle fake news e la filosofia sofista. Il sofismo è un movimento filosofico che divenne popolare nell’antica Grecia, in particolare ad Atene, nel V secolo a.C., ma acquisì ben presto una connotazione negativa.
Attraverso la retorica, l’arte di argomentare e persuadere, i sofisti creavano una propria verità manipolando le opinioni delle persone. In una città democratica come Atene, i candidati dovevano saper usare il linguaggio per formulare discorsi persuasivi se volevano salire al potere e i sofisti insegnavano come usare il linguaggio per catturare la mente degli elettori.
Erano riusciti a trasformare l’arte della parola in una scienza insegnabile come tutte le altre. Conoscevano la psicologia umana e sapevano come suscitare le stesse emozioni in persone diverse. Anche le fake news fanno leva sulle emozioni e sono strutturate in modo tale da catturare l’attenzione, puntando sul sensazionalismo e sulla provocazione, e per questo motivo vengono ricondotte al sofismo.
Il sofismo però non aveva come obiettivo quello di far passare il falso per vero o viceversa, ma di lavorare sulle opinioni degli individui per orientarle a proprio vantaggio e far prevalere un argomento sull’altro.
Bufale nella storia
Il mercato azionario è sempre stato terreno fertile per false notizie e varie indiscrezioni con il principale scopo di spostare ingenti somme di denaro. Tra le bufale più recenti diffuse in questo settore, il sito di fake news che nel 2015 fece credere che qualcuno volesse comprare Twitter per 31 miliardi di dollari. Ancora prima dell’avvento di Internet, però, il più famoso esempio si fa risalire al periodo delle guerre napoleoniche.
La frode alla Borsa di Londra del 1814
Nel libro Napoleon is Dead (2006), l’autore Richard Dale racconta che il 21 febbraio del 1814, in una locanda di Dover, si presenta un uomo in uniforme da ufficiale britannico che cercava carta e penna per scrivere un messaggio da consegnare al viceammiraglio Foley. Questo riportava che Napoleone era morto, ucciso dai cosacchi. La guerra era finita e la vittoria era degli Alleati. L’uomo si firmò come Tenente Colonnello Du Bourg, aiutante di campo di Lord Cathcart, ambasciatore britannico in Russia.
Napoleone invece era ancora vivo, ma le difficoltà dell’imperatore durante il conflitto napoleonico resero la falsa notizia piuttosto verosimile. La bufala giunse a Londra e divenne presto il principale argomento di discussione in tutta la città. Sebbene mancasse una conferma ufficiale, all’apertura della Borsa, azionisti di minoranza e maggioritari si affrettarono a investire, contando sulla morte del tiranno francese e sul ritorno della dinastia borbonica. Furono emessi titoli di stato e uomini in divisa monarchica distribuirono volantini con scritto “Vive le Roi! Vivent les Bourbon!”. Solo nel pomeriggio divenne chiaro che Napoleone era vivo e che quanto accaduto era il risultato di una truffa.
Si aprì un’indagine che rese subito evidente come alcuni individui si fossero arricchiti vendendo titoli governativi, acquisiti poco tempo prima, per oltre un milione di sterline. Tra loro figurava Sir Thomas Cochrane, o Lord Cochrane, politico radicale che era stato visito anche in compagnia di Charles Random de Berenger, l’impostore che si era spacciato per il colonnello Du Bourg. Le persone incriminate furono condannate a un anno di carcere, al pagamento di una multa e a un’ora di gogna. Per risparmiare a Lord Cochrane, eroe di guerra, una pubblica umiliazione. la gogna fu risparmiata a tutti i condannati. Diversi storici oggi ritengono che Sir Thomas Cochrane fosse innocente, ma passò il resto della sua vita a cercare di riabilitare il suo nome.
Esempi più recenti di fake news
Nessuno scappa all’errore, ma la diffusione di notizie fuorvianti, imprecise o apertamente false sui media si sta affermando come fenomeno quotidiano. Tra gli esempi più recenti, che hanno fatto rapidamente il giro del web troviamo ad esempio:
depenalizzazione dei reati contro gli animali da parte del governo Renzi
l’attacco egiziano via terra in Libia contro i miliziani dello Stato Islamico (o ISIS) a Derna nel 2015
la Commissione Europea ha stimato che in Italia la corruzione costa allo Stato 60 miliardi l’anno
la stampa di magliette con scritto “Vi accoltelliamo” rivolto ai romanisti da parte dei tifosi del Feyenoord prima della partita Feyenoord-Roma
il 19 gennaio, secondo un’equazione matematica, è il giorno più triste dell’anno
François Hollande ha operato in Francia un gigantesco taglio ai costi della politica
A volte anche le agenzie di stampa e i media scivolano inavvertitamente in questi tranelli, contribuendo a diffondere notizie non veritiere. Quotidianamente il mondo del giornalismo si interroga su come limitare e sradicare questo fenomeno, insistendo sulla verifica delle fonti, spesso superficiale se non inesistente. Ad aggravare la situazione è l’esigenza per diverse testate, soprattutto per le redazioni web, di arrivare per prime alla notizia, e quindi di diffonderla in rete nel minor tempo possibile, per comunicarla ai lettori/utenti. Riservarsi invece un momento per accertarne la correttezza e offrire un utile approfondimento, menzionando le fonti e le testimonianze, pagherà la testata con una maggior credibilità e fidelizzazione da parte del pubblico.
Le bufale durante l’emergenza sanitaria Covid-19
Nel periodo dell’emergenza pandemica da Sars-Cov-2, circolarono diverse notizie false riguardanti soprattutto la propagazione del virus e i metodi di prevenzione e contrasto ai vari ceppi virali.
Di seguito si propongono alcune delle bufale più recenti riguardanti il Covid-19, da quelle più diffuse alle più assurde:
- bere latte protegge e cura l’infezione da nuovo Coronavirus
- è possibile disinfettare mani o aree della pelle con i raggi UV
- mangiare peperoncino protegge dal nuovo Coronavirus
- le mosche possono diffondere l’infezione da Coronavirus
- il nuovo Coronavirus si cura con acqua e bicarbonato
- gli oli essenziali delle piante aromatiche come basilico, rosmarino, origano, proteggono dal nuovo Coronavirus
- le zecche possono trasmettere il Coronavirus
- l’ozono sterilizza l’aria e gli ambienti e non mi fa infettare dal nuovo Coronavirus
- l’omeopatia previene l’infezione da Coronavirus
- fare i risciacqui con la candeggina disinfetta la bocca e uccide i batteri del Coronavirus
- i pacchi spediti dalla Cina contengono il Coronavirus
La normativa che disciplina il fenomeno delle fake news
A livello nazionale ed europeo si sta cercando di regolare il fenomeno fornendo una normativa che lo disciplini in modo appropriato. Le fake news non sono un reato di per sé, ma diventano illecito quando turbano l’ordine pubblico e portano al reato di diffamazione aggravata.
In Italia si fa riferimento a due articoli del Codice Penale che regolamentano il fenomeno delle fake news e della diffamazione:
- L’articolo 656 che sanziona con la pena dell’arresto fino a tre mesi o una multa fino a 309 euro, per chi pubblica o diffonde una notizia “falsa, esagerata o tendenziosa” idonea a turbare l’ordine pubblico.
- L’articolo 595 che sanziona con la reclusione fino a un anno o con una multa fino a milletrentadue euro, per chi comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione.
Al Codice Penale si affianca la normativa europea con la legge sui servizi digitali (DSA o Digital Services Act) e la legge sul mercato digitale (DMA o Digital Marketing Act), che insieme formano il Digital Service Package (DSA) applicato in tutta l’UE. I due obiettivi principali perseguiti del DSA e dal DMA sono:
- rendere più sicuro lo spazio digitale garantendo la protezione dei diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi digitali;
- promuovere la parità, l’innovazione, la crescita e la competitività, sia nel mercato unico europeo sia a livello mondiale.
Il regolamento europeo DSA
Il Digital Services Act (DSA) è il nuovo regolamento europeo sui servizi digitali approvato il 5 luglio 2022,pubblicato in Gazzetta ufficiale il 27 ottobre 2022 e entrato in vigore il 16 novembre 2022.
Si applica per tutti i servizi digitali che mettono i consumatori in collegamento con beni, servizi o contenuti e stabilisce nuovi obblighi globali per le piattaforme online come Google, Meta, Twitter e Amazon.
Prevede obblighi proporzionati alla dimensione della piattaforma e una nuova cultura della prevenzione dei rischi sistemici, dalla disinformazione ai contenuti illegali.
Nello specifico, tra gli obiettivi del Digital Services Act troviamo:
- proteggere i diritti dei consumatori garantendo loro maggiore sicurezza
- contrastare la diffusione di contenuti illegali, la manipolazione delle informazioni, la disinformazione online
- offrire al consumatore e agli utenti commerciali di servizi digitali scelta più ampia e costi più contenuti
- istituire un quadro normativo chiaro, efficace e di immediata applicazione nell’ambito della trasparenza e della responsabilità delle piattaforme online
- promuovere l’innovazione e la competitività nel mercato, facilitando l’avvio di startup e lo sviluppo delle PMI
- fornire accesso ai mercati europei per gli utenti commerciali di servizi digitali
- favorire un maggiore controllo democratico e una migliore vigilanza sulle piattaforme
- potenziare tracciabilità e controlli sugli operatori commerciali nei mercati online (anche attraverso controlli casuali per verificare l’eventuale ripubblicazione di contenuti illegali)
Tutela del minore
Il Digital Services Act arriva dopo un vuoto legislativo di venti anni, ovvero dopo la direttiva E-Commerce del 2000. Con l’incremento nell’utilizzo di piattaforme social e app si è reso necessario disciplinare lo spazio digitale reso accessibile ai minori.
Con l’articolo 24 il DSA ribadisce la priorità degli interessi del minore su quelli commerciali e pubblicitari. L’articolo, dedicato alla “trasparenza della pubblicità online”, ha infatti stabilito il divieto di impiegare “tecniche di targeting o amplificazione che trattano, rivelano o inferiscono i dati personali dei minori o delle persone vulnerabili ai fini della visualizzazione della pubblicità”.
Il divieto di trattare per fini commerciali i dati dei minori era già stato stabilito dalla direttiva UE 2018/1808 sui servizi audiovisivi. Con il DSA, oltre alla sanzione a posteriori, gli eventuali danni sui minori rientrano nell’obbligo di valutazione da parte delle piattaforme dei rischi sistemici, che riguardano “eventuali effetti negativi per l’esercizio dei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e familiare e alla libertà di espressione e di informazione, del diritto alla non discriminazione e dei diritti del minore, sanciti rispettivamente dagli articoli 7, 11, 21 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”.
Il Digital Markets Act
Il Digital Markets Act (DMA) è il regolamento europeo sui mercati digitali approvato dal Parlamento Europeo come il DSA il 5 luglio 2022. Le due leggi compongono insieme il Digital Services Package.
Il Digital Markets Act è uno strumento normativo che regola e definisce condotte e obblighi per le imprese prima che avvenga l’abuso. La normativa antitrust, invece, agisce ex post, sanzionando dopo che la violazione anticoncorrenziale è già stata messa in atto.
In caso di violazione delle norme, il Digital Markets Act prevede sanzioni fino al 10% del fatturato dell’azienda e al 20% in caso di recidiva (articolo 26). Per gli obblighi giudicati di minore importanza è prevista un’ammenda che non supera l’1% del fatturato. L’importo dell’ammenda viene stabilito secondo la gravità e la durata dell’illecito. In caso di violazione sistematica delle norme sono previste sanzioni straordinarie, tra cui anche l’obbligo di cedere parte del capitale o delle proprietà aziendali.