In dialogo con Adriano Baffelli, il direttore del Centro di ricerca specializzato per lo studio del comparto delle costruzioni, Lorenzo Bellicini, spiega quali sono le possibili via d’uscita dalla crisi post-coronavirus per la filiera del mattone
Riportata integralmente nel secondo numero 2020 della rivista Ance Brescia “Costruire il futuro”, l’intervista realizzata da Adriano Baffelli all’architetto Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, rivela i numeri del comparto edile dopo la pandemia e le possibili vie d’uscita dalla delicata “fase uno”. Lo scorso anno nel XXVII Rapporto Congiunturale e previsionale presentato dal Centro di ricerche, si evidenziava una positiva situazione di crescita per il comparto delle costruzioni italiano che sarebbe auspicabilmente continuata nei prossimi tre anni qualora non fossero emerse “situazioni di crisi esogene alle costruzioni”.
Nell’elenco di elementi che causano nel 2020 una generale incertezza esterna al settore, rientra sicuramente la diffusione del contagio da Covid-19. Secondo le stime Cresme, quest’anno le costruzioni italiane rischiano di vedere andare in fumo 34 miliardi di euro di investimenti. Edilizia e genio civile, includendo investimenti in nuova costruzione e manutenzione straordinaria, potrebbero subire una contrazione (valutata a valori costanti) del -22,6% rispetto al 2019. A titolo di paragone, nel 2009, l’anno più nero per le costruzioni italiane, la flessione degli investimenti era stata del -9,6%.
Con il diffondersi del coronavirus e il conseguente lockdown, la fase di crescita che le costruzioni stavano sperimentano prima dell’emergenza sanitaria s’interrompe. “È evidente che la ripresa non può non tenere conto del ruolo che il settore delle costruzioni e dell’ambiente costruito giocano nell’economia dei diversi paesi” spiega l’architetto Bellicini. “La ripartenza non può che venire dalle opere pubbliche – precisa – che già nel 2018 e soprattutto nel 2019, avevano iniziato una importante fase di ripresa, che contribuiva ad alimentare un quadro positivo pluriennale”. Secondo il direttore del Cresme, bisognerebbe non solo riprendere in mano rapidamente i cantieri già avviati e programmati, accelerando lavori e appalti, ma studiare anche azioni nuove, che coinvolgano gli enti locali, i territori, le opere di piccola e media dimensione.
Leggi l’intervista completa sul n. 2/2020 del bimestrale “Costruire il futuro”.