Una riflessione nata nei giorni più drammatici vissuti da Brescia e dalla sua provincia
Non fare polemiche nel mezzo di un dramma indicibile è giusto, ne sono profondamente convinto. Ma testimoniare l’amarezza e il dolore che si aggiunge al dolore, nel percepire come questa città e questa terra siano lasciate sole, ormai da settimane, a combattere una terribile guerra, si deve!
Mancano le più elementari forme di protezione per gli straordinari medici e per i fantastici infermieri.
Mancano i medici e gli infermieri stessi, colpiti in gran numero dal nemico invisibile, proprio per la mancanza di adeguati dispositivi.
Servono respiratori.
Manca ossigeno.
Urgono interventi del livello centrale decisi e tempestivi.
Si susseguono i no alle varie ipotesi avanzate in loco per fronteggiare l’emergenza.
Persino l’informazione nazionale accenna alla nostra Brescia con scarsa attenzione.
Come può essere? Che cosa deve accadere perché si soccorra con determinazione la Leonessa ferita? Non dovrebbe funzionare così, non solo per il tanto, anche economico, che questa città dispensa alla nazione. Ci penalizza, forse, la proverbiale capacità di risolvere in autonomia qualsiasi problema?
Anche in questo pesantissimo frangente i bresciani la loro parte l’hanno fatta e la stanno facendo alla grande. Basti pensare alla generosa donazione (ne parliamo in dettaglio in questa numero) effettuata agli ospedali cittadini: Civile e Poliambulanza, e a quello camuno di Esine, da parte del Sistema – imprese e lavoratori – Ance Brescia, ad #aiutiAMObrescia e alle straordinarie energie messe in campo, insieme all’aver saputo individuare soluzioni ingegnose e insperate. Sono altre risposte a mancare, mentre centinaia di vite si spengono. Forse non andrà tutto bene, come vorrebbe la scaramantica frase di maniera. Di sicuro questa guerra al maledetto coronavirus non è iniziata e non continua nel modo migliore.