Lo storytelling aziendale è una tecnica di comunicazione che consiste nel creare una storia per raccontare un contenuto. È l’azienda stessa a decidere di impiegare una modalità di narrazione per comunicare l’impresa, il brand, il prodotto o un servizio, trasmettendo messaggi o informazioni di valore. Letteralmente è l’arte di raccontare una storia, che applicata al contesto aziendale porta l’impresa allo sviluppo strategico di una narrazione per raggiungere il proprio target e comunicare con il proprio pubblico.
Il concetto di storytelling, nasce nel campo della letteratura e della retorica, per poi evolversi come tecnica di promozione del brand e/o dei prodotti basata su un format narrativo. Da qui compaiono discipline come lo storytelling management o storytelling aziendale.
Raccontare il proprio marchio o la propria attività è fondamentale se si vuole coinvolgere in maniera più diretta i clienti, ma bisogna munirsi di storie interessanti, legate alla vita e ai valori dell’azienda e servirsi dei canali e degli strumenti corretti per rivolgersi al pubblico di riferimento.
A introdurre in Italia la narrazione d’impresa è stato Andrea Fontana e la sua intuizione ha portato numerose aziende a comunicare in un modo innovativo per raccontare se stesse, interagire e immedesimarsi nel proprio pubblico. Fontana nel 2015 vince il premio Curcio alla cultura e nel 2019 il Premio nazionale di divulgazione scientifica Giancarlo Dosi. Nel corso della sua carriera, ha scritto numerosi libri che trattano sapientemente e sotto vari aspetti i temi delle scienze della narrazione, come la sua recente pubblicazione: “Storytelling d’impresa. La nuova guida definitiva verso lo storymaking”.
Indice
Chi è lo storyteller?
Lo storyteller è una figura specializzata nella narrazione di storie e si colloca tra le figure più ricercate nel campo della comunicazione d’impresa, soprattutto digitale. Possiede ottime competenze di scrittura, conosce le regole di grammatica e sintassi per comunicare correttamente contenuti e messaggi a un pubblico di riferimento.
Si serve di carta e penna o di dispositivi digitali per raggiungere il suo obiettivo: comunicare attraverso il racconto di storie per promuovere un prodotto o un servizio in modo convincente ed efficace, trasmettendo un’emozione all’utente con l’ausilio dei canali e degli strumenti narrativi più adatti.
È un’attività simile a quella svolta dal copywriter o dal content writer, ma queste professioni lavorano alla produzione di contenuti con finalità molto diverse tra loro. Tutti hanno in comune competenze elevate di scrittura, ma il copywriter scrive principalmente per vendere, il content writer per attrarre, intrattenere e creare interesse, mentre lo storyteller per narrare storie, facendo leva sulle emozioni e sul coinvolgimento, l’immedesimazione del lettore/utente. I confini che separa le tre figure figure è però spesso molto labile e capita non di rado che un copywriter o un content writer utilizzino tecniche di storytelling per raccontare storie.
Dopo aver stabilito a quale pubblico di riferimento rivolgere la propria comunicazione e aver individuato i canali corretti da utilizzare, lo storyteller comincia a studiare come promuovere i prodotti o i servizi, servendosi delle tecniche di narrazione. Crea quindi nella mente e nell’inconscio del lettore un’immagine positiva dell’azienda, legata a determinati valori, proponendo contenuti mirati al coinvolgimento del proprio target.
Chi sono gli story-holder?
Chi fa storytelling si rivolge a un’audience, a un pubblico di story-listener, “ascoltatori del racconto”. Quando uno story-listener si sente particolarmente coinvolto dalla narrazione, potrebbe diventare uno story-holder e passare da ascoltatore passivo ad attivo, fino a diventare autore stesso. Gli storyteller sanno che a un certo punto potrebbero manifestarsi queste figure, che risultano talmente interessate e appassionate dalla storia, da diventare soggetti narranti.
Gli story-holder sono detentori/portatori di storie e chi fa storytelling, in particolare chi si occupa di corporate storytelling, deve essere pronto ad affidare a questi soggetti, a partire dai propri dipendenti (primi detentori della storia aziendale), il proprio racconto. A sua volta uno story-holder ha una storia personale, con motivazioni e ragioni proprie, che lo portano a influenzare positivamente o negativamente il successo del racconto.
Andrea Fontana li definisce come una “costante impazzita”, che fa eco al racconto amplificandone la diffusione. Il destinatario della storia la modifica e rielabora a sua volta, la diffonde e la enfatizza in modi che un’azienda deve provare a prevedere. L’attività di storytelling trasforma così clienti e pubblico di riferimento in co-autori del racconto, innescando dinamiche di passaparola che contribuiscono alla diffusione del brand, dei suoi prodotti o servizi.
Linee guida per uno storytelling aziendale
Per sviluppare uno storytelling aziendale efficace bisogna inserire necessariamente delle informazioni specifiche come:
- Perché un’azienda fa ciò che fa e perché in quel modo?
- Cosa può offrire con quel prodotto/servizio?
- Perché questi creano un vantaggio al cliente?
In questo contesto, è utile quindi ragionare su come l’azienda comunica e si racconta ai propri interlocutori, come percepisce se stessa e viene percepita sul mercato.
Fare storytelling aziendale non è facile come sembra e, affinché funzioni, è necessario sviluppare una narrazione coinvolgente, capace di promuovere una positiva relazione tra l’azienda e il suo pubblico. Le storie devono essere personali e autentiche, raccontare qualcosa di interessante e veritiero.
Lo storytelling deve considerare anche quale emozioni/sensazioni/reazioni vuole suscitare e può essere reso memorabile se si sfruttano a proprio vantaggio alcuni elementi della narrazione, quali: il protagonista della storia; lo svolgimento della stessa e la sua contestualizzazione fisica e temporale. Ma soprattutto, occorre aver ben chiaro: perché avviene la narrazione? Quali sono i fattori e le motivazioni che permettono alla narrazione di avere senso.
Le componenti del racconto e come scrivere una trama
Per fare storytelling aziendale si suggerisce di analizzare: il mercato di riferimento in cui si opera, le specifiche del canale di comunicazione che si andrà a utilizzare, il contesto in cui si vuole proporre la propria narrazione soffermandosi sulla situazione di partenza e i bisogni espressi dal pubblico di riferimento, il conflitto (ovvero la questione o la problematica) da risolvere, la soluzione proposta o la morale suggerita.
Da distinguere nella stesura del racconto di storytelling:
- la storia vera e propria;
- il destinatario al quale la narrazione si rivolge;
- il contesto in cui viene ambientata la storia (temporalmente, fisicamente, culturalmente);
- la forma e le modalità del suo svolgimento;
- gli elementi che identificano lo storyteller.
Normalmente la storia si struttura tenendo conto di:
- una situazione di partenza: con un inizio accattivante, d’interesse per il pubblico di riferimento, che invogli il lettore/utente a continuare;
- una tensione o conflitto da risolvere, sviluppando un contesto e una dinamica che rendano la storia indimenticabile;
- azione determinante e risolutiva: definizione e apparizione dell’eroe in grado di risolvere il problema, che si muove difendendo il suo ideale per tutto il corso della narrazione;
- finale (lieto o no), che rappresenta l’apice del racconto;
- morale, che insegna, lascia il segno o semplice curiosità nel lettore.
Per quanto sia buona la storia, non significa che piacerà a tutti. Per questo motivo è importante definire a che tipo di pubblico si vuole arrivare in base a cosa gli piace o lo motiva. In questo modo sarà possibile raccontare la storia corretta per il target di pubblico corretto.
Organizzazione dello storyboard
Per far sì che il lavoro sia ben organizzato è necessario preparare uno storyboard, strumento molto importante per un creatore di contenuti, poiché viene utilizzato per schematizzare e fissare la struttura di una narrazione. Tra i primissimi a sperimentarlo ci fu Walt Disney negli anni Trenta. Lo storyboard si compone così di tanti riquadri per quante sono le scene che si devono rappresentare.
È necessario munirsi di carta e penna, oppure scaricare un template dal web, oppure servirsi dei tanti programmi e applicazioni disponibili: tra questi, i più comuni sono Power Point o Keynote e per i più esperti Illustrator o Photoshop, altrimenti sono utilizzabili gratuitamente Celtx, Boords, PowToon. Tra i programmi a pagamento più professionali segnaliamo Story Planner, StudioBinder e ShotPro.
Qualunque supporto con più pagine o sezioni separate andrà bene. Il passo successivo si traduce nel disegnare, o descrivere, anche approssimativamente le scene, così come si desidera che sviluppino. Per indicare la sequenza corretta è utile impiegare delle frecce per stabilire la dinamica delle scene e numerare ciascuna miniatura.
Dopo aver deciso quale strumento utilizzare, i passi successivi sono:
- stabilire la cronologia degli eventi, che possono avere andamento lineare oppure presentare flashback, flash forward, cambi di prospettiva, cronologie multiple e così via;
- identificare una serie di scene chiave, che mostrano lo sviluppo della trama;
- affiancare una descrizione per ogni scena rappresentata da fotogramma o altra immagine, spiegando brevemente quanto accade nella stessa;
- elencare per ogni scena dettagli, informazioni tecniche, dialoghi e durata;
- revisionare il tutto e valutare eventuali aggiunte e/o tagli.
È importante valutare quanto scendere nel dettaglio. Se lo storyboard riporta troppe immagini non necessarie, si rischia di sprecare tempo ed energia; mentre troppe poche miniature, comportano una più difficile interpretazione delle scene e delle dinamiche che le legano tra loro.
Parole e le immagini in uno storytelling
Si pensa che per far storytelling aziendale sia necessario utilizzare un linguaggio sofisticato per stimolare una miglior immaginazione, ma usando un vocabolario semplice si può arrivare al lettore più facilmente.
Nello storytelling aziendale spesso il destinatario della narrazione deve potersi identificare nel protagonista o in un ruolo, questo è fondamentale per creare con lui un legame e quindi raggiungere lo scopo dello storytelling.
Ma la storia giusta non è sufficiente per fare storytelling aziendale in modo efficace. È decisiva, infatti, la fase di selezione del mezzo con cui diffonderla, che può essere, ad esempio, un video, un podcast, un libro, una newsletter o un post su social media. La scelta del canale dipende ovviamente dal target di riferimento. Per il diverse piattaforme e per i social media la narrazione si avvale dell’ausilio di elementi visivi (immagini, disegni, grafiche, animazioni oppure video) e si parla di visual storytelling.
Sembrerà scontato, ma per raccontare una storia attraverso questi supporti, il principio da cui partire è “show, don’t tell” ovvero usare il minor numero possibile di parole e fare in modo che la narrazione sia comprensibile anche quando non dovessero esserci.